I nostri colori

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11 febbraio 2009

Il Fascino di Cerbero, il mostro dalle tre teste


Pietro D'onghia



Nella mitologia greca erano presenti molti mostri, alcuni molto famosi. Uno, era Cerbero, figura che ha molto influenzato la letteratura antica e moderna.
- Mitologia:
Figlio di Tifone ed Echidna, e quindi fratello di Idra, Ortro e Chimera, era un mostro con le sembianze di un cane con tre teste, che simboleggiavano la distruzione del passato, del presente e del futuro, mentre il corpo era ricoperto di serpenti, che si rizzavano ad ogni suo latrato.
Secondo la mitologia greca, Cerbero era uno dei guardiani dell’Ade, ed impediva ai defunti di uscire e ai vivi di entrare. Sempre sotto l’aspetto mitologico, nessuno è mai riuscito a batterlo, tranne Ercole. Nell’ultima delle sue fatiche, Ercole è chiamato a combattere Cerbero e a sconfiggerlo, per portarlo a Micene. L’eroe non lo uccide, ma ottiene il permesso di Ade di prenderlo, a patto che il guerriero lo combatta da solo e disarmato. Ercole arriva quasi a strangolare Cerbero, e ottiene il permesso di Ade di portarlo a Micene, per poi condurlo di nuovo dell’Averno.
- Letteratura:
Nella letteratura, Cerbero compare anche in due grandi opere del passato. La prima di queste, in ordine temporale, è l’Eneide di Virgilio, il secondo a parlarne è Dante Alighieri, nel sesto canto dell'Inferno.
- Eneide:
Secondo lo scrittore latino, Enea incontra Cerbero nell’Ade, mentre fa da guardia all’ingresso dell’Averno. La guardia infernale non vuole lasciarlo passare, ma la veggente butta nella bocca del mostro una focaccia con erbe soporifiche. Cerbero l’afferra e la ingoia, dopodiché si assopisce tranquillo, facendo entrare Enea nell’Ade.

"L'enorme Cerbero col suo latrato da tre fauci rintrona questi regni giacendo immane davanti all'antro. La veggente, vedendo ormai i suoi tre colli diventare irti di serpenti gli getta una focaccia soporosa con miele ed erbe affatturate. Quello, spalancando con fame rabbiosa le tre gole l'afferra e sdraiato per terra illanguidisce l'immane dorso e smisurato si stende in tutto l'antro. Enea sorpassa l'entrata essendo il custode sommerso nel sonno"

- Divina Commedia:
Anche Dante parla di Cerbero e, come Virgilio, lo posiziona nell’inferno, a guardia di uno dei gironi. Come il poeta latino, anche Dante non ne sminuisce il ruolo di guardiano infernale. Nella Divina Commedia, Cerbero appare nel VI Canto, come guardiano del girone dei golosi. Cerca di ostacolare Dante e Virgilio nella loro discesa nell’Inferno, spalancando le sue fauci e latrando contro i due, ma il poeta latino lo tiene a bada, lanciandogli una manciata di terra, che il mostro ingoia voracemente.




“Cerbero, fiera crudele e diversa,

con tre gole caninamente latra

sovra la gente che quivi è sommersa.

Li occhi ha vermigli, la barba unta e atra,

e 'l ventre largo, e unghiate le mani;

graffia li spirti ed iscoia e disquatra.

Urlar li fa la pioggia come cani:

de l'un de' lati fanno a l'altro schermo;

volgonsi spesso i miseri profani.

Quando ci scorse Cerbero, il gran vermo,

le bocche aperse e mostrocci le sanne;

non avea membro che tenesse fermo.

E 'l duca mio distese le sue spanne,

prese la terra, e con piene le pugna

la gittò dentro a le bramose canne.

Qual è quel cane ch'abbaiando agugna,

e si racqueta poi che 'l pasto morde,

ché solo a divorarlo intende e pugna,

cotai si fecer quelle facce lorde

de lo demonio Cerbero, che 'ntrona

l'anime sì, ch'esser vorrebber sorde.”

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