Gianluigi Nerilli
Francesco Petrarca nasce ad Arezzo nel 1304, da padre notaio in esilio da Firenze. Ad otto anni si trasferì ad Avignone, dove cominciò i suoi studi. A dodici anni fu inviato all'università di Montpellier per gli studi di diritto, e a sedici all'università di Bologna. A ventidue anni, alla morte del padre, tornò ad Avignone. Questo continuo viaggiare lo porta a contatto con diversi ambienti culturali, cosa che gli permetterà di svincolarsi dal municipalismo dantesco e di entrare in una dimensione europea. Petrarca era molto appassionato dei classici antichi, in particolare di Virgilio e Cicerone, la cui lingua aveva a tal punto interiorizzato da scrivere i propri appunti ed esprimere i suoi sentimenti più intimi in latino. Ma allo stesso tempo la sua vita fu condizionata dalla lettura delle
Confessioni di S. Agostino, nel cui tortuoso percorso spirituale il Petrarca si riconosceva. Dobbiamo infatti distinguere due produzioni del Petrarca: una in latino, alla quale appartengono le Epistule, il Secretum, l'Africa, il De vita solitaria, e l'altra in volgare alla quale appartengono il Canzoniere e una serie di opere minori. Il 6 aprile 1327 avviene l'incontro con Laura nella chiesa di S. Chiara ad Avignone. Proprio a questa donna, vera o fittizia che sia, si ispirerà tutta l'opera del
Canzoniere. Dopo di che per garantirsi un relativo benessere economico senza lavorare, prende gli ordini minori. In questo periodo si svolgono i viaggi che si concluderanno attorno al 1336 con il ritiro in otium in Valchiusa, dove compone il De vita solitaria e altre opere in latino e in volgare. Nel 1341 a questo momento di ricerca spirituale si oppone l'incoronazione di poeta nel Campidoglio, che concretizza il suo forte desiderio di gloria terrena (la stessa Laura può essere intesa come L'aura, ovvero la gloria). Nel 1343 il fratello Gherardo si ritira in convento. Questo causa nel Petrarca una profonda crisi interiore, poiché vedeva nel fratello una sorta di alter ego in cui rispecchiarsi. Ciò lo porta ad una profonda revisione della sua vita, e in particolare emerge sempre più drammatico il dualismo tra il desiderio di amore e di gloria terrena, valori tramandati dalla lettura dei classici, e il desiderio di abbandono spirituale in Dio, insegnatogli dalle Confessioni. Per questo Petrarca è considerato la vittima del passaggio dalla cultura teocentrica medievale alla cultura antropocentrica umanistica. Dopo la morte di Laura nel 1348, Petrarca incomincia la sua peregrinazione nelle corti delle varie signorie italiane, senza mai farsi condizionare o esserne influenzato. Muore nel 1374 a Padova, secondo la tradizione mentre leggeva Virgilio.
Il Canzoniere
Il Canzoniere è un'opera in volgare composta da 366 liriche, di cui 263 composte prima della morte di Laura e 103 dopo la morte. I componimenti sono per lo più sonetti, ma ci sono anche ballate, canzoni, madrigali. Come dice nel sonetto di apertura del Canzoniere,
"Voi ch'ascoltate in rime sparse il suono"questi componimenti non sono collegati fra loro (rime sparse) come quelli di Dante nella "Vita Nova", raccordati da pezzi in prosa. Inoltre essi rispecchiano i vari stati d'animo del poeta, tra illusioni e disillusioni di un amore non corrisposto (come ad esempio nei due sonetti gemelli 61 e 62 "
Benedetto sia 'l giorno 'l mese e l'anno" e "
Padre del ciel, dopo i perduti giorni", in cui si può vedere una netta contrapposizione degli stati d'animo del poeta). Il tema principale del Canzoniere è l'amore per Laura, ma si potrebbe anche intendere come il desiderio di gloria del poeta poiché il nome Laura si può intendere anche come L'aura, cioè la gloria, poiché con un rametto di lauro viene incoronato il sommo poeta. A differenza del dolce stil novo, in cui il protagonista è lo stato d'animo, in Petrarca è il conflitto interiore del poeta, diviso tra i fini materiali della vita (amore e gloria) e aspirazione al misticismo in Dio. Al contrario della Beatrice di Dante, infatti, Laura non è la donna-angelo veicolo tra il poeta e Dio, ma non è che una nobilissima creatura terrena (in un sonetto viene addirittura descritta da vecchia), e pertanto l'amore verso di lei allontana dalla fede in Dio. Tutta questa esperienza viene ripresa intersecando vari piani temporali: da uomo maturo riesamina col tempo della memoria gli avvenimenti passati confrontandoli con la situazione presente o addirittura facendo previsioni sul futuro.in questo Petrarca è molto moderno: tutta la letteratura del Novecento che utilizza il tempo della memoria di rifà a strutture già usate da lui (Proust, Svevo, Joyce, ecc.). La figura di Laura non è descritta dettagliatamente, ma è semplicemente tratteggiata attraverso i topoi della bellezza proveniente dallo stilnovismo ("bionda", "occhi luminosi come un lago", "capelli d'oro", "viso di perla", "voce soave"), per questo essa in "
Chiare fresche e dolci acque" "pare", cioè appare, non è quindi reale. Tutta questa esperienza si conclude con la richiesta di perdono a Dio per questo "giovenile errore", e anzi nella lettera ai posteri Petrarca ringrazia che Dio gli abbia tolto Laura (muore nel 1348) così da permettergli di riprendere a camminare sulla via che porta a Lui.
Chiare fresche e dolci acqueChiare, fresche e dolci acque,ove le belle membrapose colei che sola a me par donna;gentil ramo ove piacque(con sospir' mi rimembra)a lei di fare al bel fianco colonna;erba e fior' che la gonnaleggiadra ricoverseco' l'angelico seno;aere sacro, sereno,ove Amor co' begli occhi il cor m'aperse:date udïenza insiemea le dolenti mie parole estreme.
S'egli è pur mio destino,e 'l cielo in ciò s'adopra,ch'Amor quest'occhi lagrimando chiuda,qualche grazia il meschinocorpo fra voi ricopra,e torni l'alma al proprio albergo ignuda.La morte fia men crudase questa spene portoa quel dubbioso passo:ché lo spirito lassonon poria mai in più riposato portoné in più tranquilla fossafuggir la carne travagliata e l'ossa.
Tempo verrà ancor forsech'a lusato soggiornotorni la fera bella e mansueta,e là 'v'ella mi scorsenel benedetto giorno,volga la vista disïosa e lieta,cercandomi: ed, o pieta!,già terra in fra le pietrevedendo, Amor l'inspiriin guisa che sospirisì dolcemente che mercé m'impetre,e faccia forza al cielo,asciugandosi gli occhi col bel velo.
Da' be' rami scendea(dolce ne la memoria)una pioggia di fior' sovra 'l suo grembo;ed ella si sedea umile in tanta gloria,coverta già de l'amoroso nembo.Qual fior cadea sul lembo,qual su le treccie bionde,ch'oro forbito e perleeran quel dì a vederle;qual si posava in terra, e qual su l'onde;qual con un vego erroregirando parea dir: Qui regna Amore
Quante volte diss'ioallor pien di spavento:Costei per fermo nacque in paradiso.Così carco d'oblioil divin portamentoe 'l volto e le parole e 'l dolce risom'aveano, e sì divisoda l'immagine vera,ch'i' dicea sospirando:Qui come venn'io, o quando?;credendo esser in ciel, non là dov'era.Da indi in qua mi piacequesta erba sì, ch'altrove non ò pace.
Se tu avessi ornamenti quant'ài voglia,poresti arditamenteuscir del bosco, e gir in fra la gente.
Tra le tante opere di Petrarca questa e qulla che mi ha colpito maggiormente.In questa canzone il poeta si trova sul fiume Sorga in Valchiusa, e la visione di quel luogo gli fa ricordare Laura, che aveva vista in quel medesimo luogo. Sul filo della memoria descrive Laura, e quell'attimo in cui la viene dilatato nel tempo della memoria (per capirci, ci mette quasi una strofa per descrivere come ha visto Laura in quell'attimo). Inoltre la dolce ragazza non ha più le sue caratteristiche reali ma è stilizzata, cioè il poeta seleziona dal reale gli elementi poeticamente o soggettivamente trasfigurabili, cioè che si adattano allo stato d'animo del poeta: ne risulta una Laura appena tratteggiata, delicata, descritta utilizzando molti topoi della bellezza stilnovista (bionda, occhi luminosi, voce soave, capelli d'oro, viso di perla, ecc.). Anche il paesaggio risulta segnato, cioè perde le sue caratteristiche individuali e reali e acquista quelle di Laura. Abbiamo qui il locus amenus, cioè un paesaggio stilizzato (o segnato) che fa da sfondo ad un personaggio altrettanto stilizzato. E nella seconda strofa della canzone il poeta chiede ad Amore di lasciare riposare, una volta morto, in questo locus amenus, che sembra un porto sicuro per il poeta al momento di affrontare quel passo che gli lascia del timore. Nella terza strofa Petrarca si augura, che una volta morto, Laura, torni, non feroce come quando lo aveva fatto soffrire in vita, ma mansueta, e cercandolo in quel locus amenus veda che egli giace morto lì e asciugandosi gli occhi piangenti chieda al cielo di accogliere l'anima del poeta. Nella quarta strofa il poeta ritorna a viaggiare sul tempo della memoria, che viene definita dolce, e si ricorda Laura, la cui descrizione è appena tratteggiata, sul cui corpo cadono petali di fiori che sembrano quasi dire che il quel luogo regna amore. Per questo il poeta afferma che la donna amata è nata in cielo. Ma pochi versi dopo arriva la presa di coscienza: il viaggio nella sua memoria lo ha allontanato e distaccato dalla realtà, facendogli credere che ci fosse il paradiso là dove effettivamente non è (dove si è posata Laura). La canzone si conclude con l'invocazione al componimento.