I nostri colori

I nostri colori

25 marzo 2009

Gioco di luci

L'arco di fuoco: racconto fantastico





Nell’epoca di draghi, maghi e cavalieri, in una casupola dispersa nella foresta,viveva un povero ragazzo con i suoi genitori ormai anziani. Costui si chiamava Bred, era impulsivo ma aveva in mente dei buoni propositi. Un giorno, mentre andò a raccogliere la legna, trovò nel bosco una povera cerva con la zampa incastrata in una tagliola; preso dal suo amore per la vita la liberò facendola scappare, ma non si accorse che il cacciatore stava venendo da quella parte.
Arrivato, gridò: -Ehi!Ragazzo! Come ti sei permesso di far scappare la mia colazione?
-A questa malvagia esclamazione lo spaventato Bred iniziò a balbettare: -Em…io veramente…-All’improvviso Bred diede un forte pugno al cacciatore che dal dolore stava per piegarsi in due, mentre Bred iniziò a scappare a gambe levate, ma il cacciatore lo afferrò dalla gamba tirandolo a sé,lo immobilizzò dicendogli:
-Povero stolto! Credevi forse che con un banale pugno potevi mettermi fuori gioco?
-Dalla rabbia il cacciatore sfoderò il suo coltellaccio e stava per uccidere Bred.Ma proprio quando ogni speranza sembrava perduta, il cacciatore finì di testa nella tagliola e morì. Quando l’agitato Bred si alzò, vide che ad avergli salvato la vita era stata la cerva da lui liberata. Per l’agitazione Bred svenne. Una volta ripreso,si ritrovò all’interno di un’ampia grotta che in fondo sfociava in una foresta.-Dove diavolo sono ?Ah! guarda quanto cibo!Ho veramente fame!
Disse Bred nel vedere una tavola imbandita e dall’interno di una foresta una dolce voce disse a Bred:-Serviti pure. Dopo raggiungimi qui.-Dopo essersi rifocillato a dovere, Bred si alzò e si diresse nella foresta. Con sua grande sorpresa vide sempre quella cerva che si allontanava all’interno della foresta.-Aspetta!-Gridò Bred che iniziò a seguire quella cerva.
Una volta arrivato al centro di quella mistica foresta, Bred notò che al posto di quella cerva,c’era un’affascinante donna vestita solo con foglie di fico.-MA, ma chi siete voi?
Salve giovane Bred sono Alisya,la dea della natura;ero uscita per vedere a malincuore come stanno rovinando il mio operato.-Ma così hai rischiato la vita!-E tu credevi che una semplice tagliola potesse uccidere una dea?Era tutto un piani per attirarti da me!-Per cosa?
Caro giovane Bred,tu sei destinato a grandi cose.-Ma io sono solo un ragazzo e poi ho i miei genitori anziani a cui badare!-No figlio mio,ora è il momento che tu sappia la verità!-Padre,madre,come avete fatto a venire fin qui da soli?-Questo non ha importanza caro figlio. Devi sapere che noi non potevamo avere figli;essendo disperati, venimmo a chiedere aiuto alla qui presente dea Alisya che ci fece trovare te nella vecchia quercia,ma ad una condizione:Una volta pronto, saresti venuto qui e saresti diventato il paladino della qui presente dea.-Ma voi madre,perché mi avete tenuto segreto tutto questo?-Credevo che da ragazzino,essendo molto più impulsivo di oggi, ti saresti tirato indietro.-Avete ragione,e questa cosa di fare l’eroe mi piace.-Non correre troppo,salutati con i tuoi,devo dirti alcune cose molto importanti.-Disse la dea Alisya a Bred che andò a salutare la sua famigli,dicendo:
-Grazie di tutto quello che avete fanno per tutti questi anni; vorrei ricambiare tutti i vostri sacrifici,ma non so come!-Non ha importanza. Bred, basta sapere che d’ora in poi farai la cosa giusta,che difenderai il bene. Addio Bred! Ricordati di noi!- Dissero i genitori di Bred che se ne andarono.-Cosa dovevi dirmi,dea Alisya?-Bred,vieni con me.-Disse la dea che condusse Bred sulle sponde di un grande lago dicendogli-Vedi Bred,questo è il lago sacro.-Lo conosco,la leggenda narra che chiunque può riavere la vita se si immerge e un'altra persona fa un giuramento e si impegna a mantenerlo.-Non è una leggenda.
Da qui siamo state create io e mia sorella Anaktra,la dea del male. Tempo fa volle impadronirsi del lago per usare l’immenso potere per i suoi malvagi scopi.-Fammi indovinare:Voleva impadronirsi della terra per regnarvi.-Già. Riuscì a fermarla ma ora sta tornando con un enorme esercito.-Bè fermala di nuovo.-Non è così facile. Ho consumato metà del mio potere per questo.
-Disse la dea che iniziò a dire una strana formula magica e dal centro dell’lago comparve un fantastico arco rosso composito con la corda fiammeggiante.-Questo sarà la tua arma.-E’ fantastico!-Ma prima di usarlo devi superare una difficile prova:Devi andare nel vicino regno di Talan e devi uccidere l’erede al trono,il giovane principe Rid,sarà facile,ha 12 anni.-Ma stai scherzando? Ha fatto qual’cosa di male?-No!
Ma non mettere mai più in discussione i miei ordini!-Ma come fai a parlare?Tu che difendi la pace,preferisco morire!-Peccato!Avresti ottenuto tanto da me!-Gridò la dea che lanciò un potente raggio sull’arrabiato Bred,ma non accadde niente.-Non mi è successo niente!-Credevi che volevo veramente la morte di quel ragazzino?Era questa la prova:volevo costatare se veramente eri di cuore puro. Lo sei più di chiunque altro!
Tieni,questo è tuo.-Disse la dea lanciando lo strabiliante arco a Bred che era ancora un po’ sconvolto.-Ora vuoi iniziare l’allenamento?-Certo dea!-Disse bred che iniziò ad’allenarsi con la dea per imparare magie,mosse speciali colpi con l’arco e lotta.
Passarono molti giorni e Bred diventò un guerriero fortissimo. Ma Bred iniziava a provare sentimenti molto profondi per la dea Alisya,ma non sapeva come dirlo alla suddetta dea. Un giorno,mentre i nostri due combattenti si allenavano,caddero uno addosso all’ altro rotolando su di loro. Quando si fermarono,Bred riuscì a dire:Alisya,io mi sono perdutamente, follemente innamorato di te.-Vedi Bred,-Rispose la dea togliendosi di sopra a Bred e sedendosi affianco:-Anche io sono innamorata di te fin dal primo momento in cui ti ho visto,ma come sai abbiamo una priorità molto più importante;ti prometto sul nostro amore che quando tutta questa storia sarà finita,e se vinceremo ci sposeremo.-E dopo questo i due si baciarono.
Il giorno dopo, quando la dea si alzò, vide che vicino al suo letto e a quello dell’ormai fidanzato Bred c’era ogni genere di frutta colta e pronta per essere mangiata.-Ti piace,mia cara?-Disse Bred avvicinandosi con un enorme mazzo di fiori porgendolo alla dea Alisya appena alzata.
Dopo di che continuarono l’allenamento e Bred imparò una tecnica capace di manipolare il fuoco che gli permetteva di poter uccidere una dea.-Mi raccomando,usa questa tecnica solo per uccidere mia sorella Anaktra.-Solo in caso di emergenza,non preoccuparti.-Disse Bred. Arrivò finalmente il giorno della battaglia,e la dea Alisya disse a Bred:-Che ne dici se facciamo partecipare anche gli eserciti dei regni che incontriamo che vogliono rendersi utili?-D’accordo,ma solo a combattere con gli eserciti di tua sorella;al combattimento finale ce la dobbiamo vedere solamente noi.-Sono pienamente d’accordo.-Forza allora andiamo!-Disse Bred che con la fidanzata Alisya si mise in cammino e, come pattuito,facevano la richiesta di combattimento a tutti i regni che incontravano;in pochi giorni di cammino riuscirono a raggruppare un enorme esercito fortissimo.
Dopo molti giorni di cammino, giunsero nei pressi della fortezza della malvagia dea Anaktra.-Io vado a spiare quella fortezza.- Bred,stai attento.-Disse la dea Alisya.-Noi veniamo con te!-Dissero due principi di due regni.-Siete sicuri di quello che fate?potrebbe essere pericoloso.-Credi che ad avere trucchi magici e segreti sia solo tu?-D’accordo,ma mi raccomando. Seguite sempre me!- Si!-Dissero i due principi che con Bred si allontanarono.
Arrivati vicinissimo alla fortezza, i nostri tre si divisero. Perfino Bred si spaventò nel vedere che l’esercito avversario era formato dai più terribili guerrieri di tutto il mondo: arpie,draghi,giganti minotauri e alti mostruosi esseri. All’improvviso si sentirono le grida di alcune guardie malvagie:-Siamo sotto attacco!-Principi! Ritiriamoci!-Gridò Bred che si diresse in fretta e furia all’accampamento.
Quando vi arrivò,vide che i due principi erano già lì,e ridevano.-Ma come fate a ridere?-Tranquillizzati,Bred,noi siamo maghi;abbiamo creato un bell’esercito e l’abbiamo mandato a combattere, così abbiamo più tempo per studiare una strategia efficace.-Mi avete fatto prendere un colpo!Credevo che qualche esercito era scappato da qui e stava assediando la fortezza.-Scusaci,di non averti avvertito.-Non fa niente,bene!Chiamate gli altri re!dobbiamo studiare subito una strategia forza!-Disse Bred;quando i re arrivarono,Bred disse:-Allora,che ne dite se ci dividiamo in tre parti e attacchiamo in tre diversi punti?-E tutti i re annuirono positivamente.-Allora due re con l’esercito delle catapulte attaccheranno a sud,i principi all’lato ovest,e io,Alisya e il resto dell’esercito con le “lancia-massi” attaccheremo a nord.
Ci vedremo all’entrata della fortezza.-Quando partiamo?-Chiese un principe e Bred disse:-All’alba!-E intanto l’esercito avversario stupidamente lottava contro il magico esercito creato dai principi.L’alba era arrivata,e ora l’enorme truppa d’assalto di Bred,e della dea Alisya, marciava.-Maestà! un’enorme esercito ci assale!-Un altro?Forza raggruppate le truppe! –Disse la dea Anaktra un po’ innervosita. Come stabilito,gli eseciti, divisi in tre,attaccarono nei 3 punti.
Mentre la battaglia infuriava,Bred,e la dea Alisya grazie alle “lancia-massi”riuscirono a penetrare all’interno della fortezza.-Lasciami i soldati,tu vai da tua sorella,io ti raggiungerò dopo.-D’accordo,Bred,stai attento!-Disse la dea Alisya,che si separò da Bred che col suo esercito,iniziò a fare piazza pulita dell’esercito nemico,grazie a delle tecniche magiche (e altri tipi)-Posso lasciarvi?Alisya ha bisogno di me!-Vai Bred!-Disse un principe che era con lui;mentre si allontanava,Bred si tranquillizzò vedendo che il resto dell’esercito era riuscito a penetrare da tutti i lati.-Ci rincontriamo cara sorella!-Disse Anaktra quando vide la sorella che si faceva strada verso di lei uccidendo senza pietà tutti quelli che gli si opponevano .E iniziò il tanto atteso scontro tra le due dee. Colpi,raggi,e magie micidiali animavano lo scontro;,ma la dea Anaktra giocò sporco,e mise in seria difficoltà la sorella Alisya.
Finalmente arrivò Bred,che col suo arco infuocato,fece fuori le restanti guardie che attaccavano la dea Alisya.-Bene!
Ti sei fatta un eroe ,ma non ti servirà..Golem!-Disse la dea Anaktra,ed ecco che dalle macerie spuntò un enorme golem di pietra che mise in seria difficoltà Bred che poteva a malapena difendersi,e stava quasi per essere sconfitto.-Bred!No!-Gridò la dea Alisya che,messa fuori combattimento per un po’ la dea Anaktra si mise a correre verso Bred per aiutarlo,ma la dea Anaktra, ripresasi,colpì con tutta la magia che aveva alle spalle la sorella Alisya uccidendola.-Alisya!No!-Gridò Bred che animato dal suo amore per la dea ormai uccisa,si liberò dalla morsa del golem,e scagliò verso di lui una moltitudine di frecce,polverizzandolo una volta per tutte .
Ora a noi strega maligna!-Gridò Bred che per la prima volta stava, adoperando la sua tecnica proibita;assorbendo dentro di se il suo arco infuocato,si avvolse completamente dalle fiamme,e usando tutto quel potere al massimo,uccise la dea.
Intanto tutto l’esercito aveva sconfitto i soldati malvagi,facendone scappare alcuni.-Abbiamo vinto!-Girdò un principe arrivato da Bred,ma si spaventò vedendo che la dea Alisya era morta tra le braccia di Bred.Ci vedremo alla foresta!Se volete venire sarete bene accetti.-Ma la dea è morta,Bred.- Non preoccupatevi,principe,ho in mente una soluzione.-D’accordo,allora vediamoci alla foresta!-disse un principe e Bred inziò a cavalcare velocemente verso la suddetta foresta con l’orma morta dea Alisya.
Arrivato, si diresse in fretta e furia verso il lago sacro;mise il corpo della dea Alisya al contro del lago, e pregò il lago sacro:-Lago sacro,tu che doni potere e vita a chi vuoi,ti prego di ridare la vita alla mia amata,anche a costa della vita mia stessa.-E come Bred chiese,la dea Alisya ritornò in vita ma lui perse la sua vita.-Bred,hai sacrificato la tua vita per me. Ora io ti ridò la vita.-Disse la dea Alisya che ridando la vita al suo amato,ritornò felice.-Una volta usciti dal lago,Bred disse:- Grazie.
Ora sposiamoci!-Si! Sono d’accordo,mio amato.-Disse la dea e i principi e i re,entrati nella foresta,portarono moltissimi dono come ringraziamento per l’aiuto dato in battaglia.-Eravamo sicuri che avresti fatto la cosa giusta.-Madre! Padre! Siete venuti anche voi!-Disse Bred contento di rivedere i suoi genitori.
Dopo di che,ci furono le nozze e un grande festa. Quasi alla fine,la dea Alisya disse a Bred:-Caro mio sposo,tu mi hai ridato la vita,haio rischiato la vita per proteggermi in battaglia,io ora ti dono l’immortalità come pegno del mio amore per te.-E tutti vissero felici e contenti in pace con tutti gli altri regni. E’ proprio vero: IL BENE VINCE SEMPRE SUL MALE.



Latorre Gioele

11 marzo 2009

La fazione dei Ghibellini: X Canto dell'Inferno

Gioele Latorre


Dante nel X Canto parla di un personaggio appartenuto alla sua città: Farinata ,il capo dei ghibellini, la fazione avversaria a quella di Dante. Costui, meglio noto come Farinata degli Uberti per via dei suoi capelli biondo platino (Firenze, ... – 11 novembre 1264), figlio di Jacopo degli Uberti, fu un nobile ghibellino, membro di una famiglia molto nobile di Firenze dell’epoca.
Il XIII secolo, fu una delle epoche peggiori per la città toscana, tormentata da discordie interne tra guelfi e ghibellini. Dal 1239, Farinata è a capo della consorteria di parte ghibellina, svolgendo un ruolo importantissimo nella cacciata dei guelfi avvenuta pochi anni dopo, nel 1248.
I ghibellini dopo tante lotte(infine vinte dai guelfi) furono poi esiliati. Anche dopo morti dovettero subire una malvagia vendetta da parte dei guelfi: infatti nel 1283, 19 anni dopo la morte, i corpi di Farinata e sua moglie Adaleta subirono a Firenze un processo pubblico per l'accusa (postuma) di eresia. Per l'occasione i loro resti mortali, sepolti in quell’epoca nella chiesa fiorentina di Santa Reparata, vennero riesumati per la celebrazione del processo, conclusosi poi con la condanna. Infine,come ulteriore malvagità, tutti i beni lasciati in eredità da Farinata vennero confiscati agli eredi.
L’accusa fondata d'eresia non è certa ancora oggi: l'accusa mossa alla fazione ghibellina di Firenze, per la quale vennero considerati eretici Farinata e sua moglie, in realtà riguardava la contestazione della supremazia religiosa della Chiesa. Ma la fazione cui Farinata apparteneva ne contestava solamente l'ingerenza politica, reclamando una suddivisione tra potere spirituale e potere temporale. La confusione venne probabilmente aumentata dalla propaganda della fazione guelfa di Firenze, pronta a sfruttare a proprio vantaggio l'accusa d'eresia. Tuttavia alcuni studiosi sostengono che farinata fosse vicino all'eresia catara.
Gli Uberti, comunque, vennero esclusi da qualsiasi amnistia, e l'odio dei guelfi fiorentini si focalizzò su di loro.
Infatti nel canto X dell'Inferno, Farinata è collocato tra gli eretici epicurei che l'anima col corpo morta fanno (v.15), ovvero non credono nell'immortalità dell'anima. Tra lui e Dante, avversario politico, si svolge un colloquio al cui centro ricadono i temi della lotta politica e della famiglia (in particolare quello delle colpe dei padri che ricadono sui figli: un tema caro al poeta, che avrebbe potuto far revocare l'esilio ai figli maschi se avesse voluto far ritorno, umiliandosi e chiedendo perdono a Firenze).





QUALCHE ACCENNO SU GUIDO CAVALCANTI(E ORIGINI)
Guido Cavalcanti, figlio di Cavalcante dei Cavalcanti, nacque a Firenze intorno all'anno 1255 in una nobile famiglia guelfa di parte bianca che nel 1260 fu travolta dalla sconfitta guelfa di Montaperti. Sei anni dopodopo la disfatta dei ghibellini nella battaglia di Benevento, i Cavalcanti ripresero la loro preminente posizione sociale e politica a Firenze. Nel 1267 Guido si sposa con Bice, figlia di Farinata degli Uberti, capo della fazione ghibellina. Da Bice Guido avrà i figli Tancia e Andrea. Nel 1280 Guido è tra i firmatari della pace tra guelfi e ghibellini e quattro anni dopo siede nel Consiglio generale al Comune di Firenze insieme a Brunetto Latini e Dino Compagni. Il 24 giugno 1300 Dante Alighieri, priore di Firenze, è costretto a mandare in esilio l'amico Guido con i capi delle fazioni bianca e nera in seguito a nuovi scontri. Cavalcanti si reca allora a Sarzana e si pensa che fu allora che scrisse la celebre ballata Perch'i' no spero di tornar giammai. Il 19 agosto gli è revocata la condanna per l'aggravarsi delle sue condizioni di salute (ha forse contratto la malaria). Il 29 agosto muore, pochi giorni dopo essere tornato a Firenze.
È ricordato - oltre che per i suoi componimenti - per essere stato citato da Dante (del quale fu amico assieme a Lapo Gianni) nel celebre nono sonetto delle Rime "Guido, i'vorrei che tu, Lapo ed io". Dante lo ricorda anche nella Divina Commedia (Inferno, canto X e Purgatorio, canto XI)

Opere
I componimenti pervenutici di Cavalcanti sono 52, tra cui 36 sonetti, 11 ballate e 2 canzoni. I temi delle sue opere sono quelli cari agli stilnovisti; in particolare la sua canzone "manifesto" Donna me prega è incentrata sugli effetti prodotti dall'amore, che scinde la personalità dell'innamorato in spiritelli, che attraverso gli occhi, vanno a risiedere nella parte sinistra del cuore. Questi spiritelli rendono l'innamorato incapace di pensare e poter eleborare la realtà in quanto viene modificata dalla visione sofferente datagli dall'amore incorrisposto. La donna, avvolta come da un alone mistico, rimane così irraggiungibile e il dramma si consuma nell'animo dell'amante.
Rispetto a Guinizzelli e a Dante si nota l'assenza della concezione religiosa; la donna infatti non è tramite verso Dio e l'amore, anziché strumento di elevazione dell'anima, è soprattutto angoscia e sbigottimento.
Il poetare di Cavalcanti, dal ritmo soave e leggero che può sembrare banale, nasconde in realtà una grande sapienza retorica.



Come si nota in figura, quando Dante incontra il padre di Guido Cavalcanti,Calcante Cavalcanti, viene un po’ per così dire insultato ,perché secondo il padre,visto che il figlio(Guido)era già molto più famoso di Dante(quale poeta)non sapeva darsi risposta di dove si potesse trovare. Si può dire anche che, analizzando la figura , Cavalcante Cavalcanti, quale orgoglioso capo dei ghibellini,sdegna già con lo sguardo Dante(appartenente ai guelfi;fu infatti a causa loro se egli e tutti i suoi sostenitori furono esiliati)disprezzandolo.

La scelta della Repubblica in Italia



Gianluigi Nerilli


Il 2 giugno 1946 il popolo italiano sceglieva la nuova forma di stato: nasceva la repubblica ed il Re, Umberto II di Savoia, accettava il responso delle urne ed andava in esilio abbandonando l’Italia evitando così, e ciò va a suo merito personale, di creare tensioni e fratture nel Paese.
Con la partenza del giovane Umberto se ne andava la Casa Savoia, una dinastia inetta e che, nei momenti cruciali della storia patria, aveva sempre compiuto le scelte peggiori: dalla modalità dell’unificazione nel 1860 alla sciagurata condotta della II Guerra Mondiale, passando per la crisi autoritaria di fine ottocento (Leggi Umberto), la Grande Guerra e, soprattutto, gli atteggiamenti favorevoli (leggi Vitt. Eman. III) ed accondiscendenti avuti nei confronti di Mussolini e del fascismo.
Il contestato plebiscito del 2 giugno 1946 aprì una nuova fase nella storia italiana: al Quirinale non vi era più un monarca ereditario ed a vita, ma un Presidente democraticamente eletto con un mandato settennale con chiari e precisi limiti temporali.
Il sogno di Mazzini e di tutti i democratici del Risorgimento si era avverato: l’Italia era diventata una Repubblica con una Costituzione democratica redatta ed approvata da un’Assemblea Costituente liberamente eletta dal popolo sovrano.
Per poco più di dieci giorni, nel giugno del 1946, il Presidente del Consiglio ALCIDE DE GASPERI fu anche “Capo Provvisorio dello Stato facente funzioni” con il compito di rappresentare l’unità nazionale fino all’elezione, da parte dell’Assemblea Costituente, di un Capo dello Stato.
Come ha ricordato l’onorevole NILDE IOTTI, una delle più giovani costituenti, colui che avrebbe dovuto ricoprire tale carica doveva soddisfare le tre seguenti determinanti condizioni: doveva essere gradito a tutti e tre i grandi partiti di massa (la Democrazia Cristiana, i socialisti ed i comunisti), che il 2 giugno avevano raccolto oltre l’85% dei voti, doveva essere un notabile liberale che avesse espresso, prima del referendum istituzionale, la propria preferenza per l’opzione monarchica in modo da rassicurare gli oltre dieci milioni di elettori italiani sostenitori di Umberto II, ed infine doveva essere di un uomo politico meridionale, in modo da controbilanciare la forte presenza di politici settentrionali di nascita (il trentino “prestato all’Italia” ALCIDE DE GASPERI, il piemontese PALMIRO TOGLIATTI ed il romagnolo PIETRO NENNI) o di adozione (il siciliano-milanese UGO LA MALFA) presenti alla guida dei principali partiti politici democratici ed antifascisti che accingevano a confrontarsi sulla scena politica ed a guidare l’Italia nel lungo cammino della ricostruzione morale ed economica.
Inizialmente i candidati corrispondenti alla descrizione precedentemente espressa erano due: l’ex Presidente del Consiglio VITTORIO EMANUELE ORLANDO, sostenuto dai democristiani e dalle destre, ed il padre del neoidealismo e del liberalismo italiano, il filosofo Benedetto Croce, gradito alle sinistre ed ai laici.
Per superare le reciproche opposizioni e dare velocemente un Presidente, seppur provvisorio, alla neonata Repubblica, De Gasperi, Nenni e Togliatti si accordarono sul nome dell’ex Presidente della Camera prefascista, l’insigne giurista liberale originario di Torre del Greco ENRICO-DE-NICOLA che ricoprì la massima carica repubblicana dal giugno del 1946 all’inizio del 1948 quando entrò in vigore la nuova Costituzione della Repubblica Italiana che egli stesso aveva promulgato.
Successore di De Nicola fu un altro liberale di simpatie monarchiche, ma di origini piemontesi ed esperto di economia (fu infatti il padre del cosiddetto miracolo economico italiano), il senatore LUIGI EINAUDI che venne eletto con i voti dei soli partiti centristi governativi (DC, PSLI, PLI, PRI) dopo il tramonto della candidatura del repubblicano conte Carlo Sforza, sostenuto da De Gasperi, ma avversato dai dossettiani per le sue simpatie massoniche.

La Costituzione



Nicola Montrone


Nel 1861 fu proclamata la nascita di un nuovo Stato europeo: il Regno d'Italia.
18 GIUGNO 1946 - L'Italia diventa per scelta di popolo ufficialmente una repubblica democratica.

L’Assemblea Costituente ha ora il compito di elaborare il testo della Costituzione. 26 GIUGNO 1946 - Il discorso inaugurale di Saragat all’assemblea costituente: ...Fate che il volto di questa repubblica sia un volto umano.

Ricordatevi che la democrazia non è soltanto un rapporto fra maggioranza e minoranza, non è soltanto un armonico equilibrio di poteri sotto il presidio di quello sovrano della nazione, ma è soprattutto un problema di rapporti fra uomo e uomo. Dove questi rapporti sono umani, la democrazia esiste; dove sono inumani, essa non è che la maschera di una nuova tirannide" (Ag. Ansa, ore 12.00)22 DICEMBRE 1947 - Il presidente proclama solennemente : "L'assemblea approva la costituzione della Repubblica Italiana".Voti a favore 453,Voti contro 62.27 DICEMBRE 1947 - A palazzo Giustiniani, viene firmato l'atto di promulgazione della nuova Carta Costituzionale della Repubblica Italiana che entrerà in vigore il 1° gennaio 1948.
La Costituzione di un'organizzazione definisce la sua forma, struttura, attività, carattere e regole fondamentali. Il termine deriva dal latino constitutio, che faceva riferimento ad una legge di particolare importanza, solitamente emanata dall'imperatore ed è tutt'ora usato nel diritto canonico per indicare decisioni rilevanti prese dal papacome, su tutte, la costituzione apostolica che fissa il regime da seguire durante il periodo di sede vacante e per l'elezione, nel successivo conclave, del nuovo vescovo di Roma.La costituzione di un'organizzazione definisce la sua forma, struttura, attività, carattere e regole fondamentali. Il termine deriva dal latino constitutio, che faceva riferimento ad una legge di particolare importanza, solitamente emanata dall'imperatore ed è tutt'ora usato nel diritto canonico per indicare decisioni rilevanti prese dal papa come, su tutte, la costituzione apostolica che fissa il regime da seguire durante il periodo di sede vacante e per l'elezione, nel successivo conclave, del nuovo vescovo di Roma. Alcune costituzioni sono protette contro modifiche, nel senso che per la loro modifica richiedono un procedimento legislativo gravato da maggiori oneri procedurali rispetto alla leggi ordinarie.
Nelle costituzione troviamo 139 articoli, e 18 disposizioni transitorie e finali, sono qui riportate i primi 4 articoli :
· Art.1.
L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro.
La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.
· Art. 2.
La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.
· Art. 3.
Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese.
· Art. 4.
La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto.
Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società.

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Il Giudice degli Inferi: Minosse




Pietro D'onghia


Con il nome Minosse, si fa riferimento ad un personaggio della mitologia greca, nato dall’unione di Zeus ed Europa. Minosse fu re giusto e saggio di Creta. Per questo motivo, dopo la sua morte, divenne uno dei giudici infernali, insieme a Eaco e Radamanto. Secondo altre fonti, invece, era estremamente crudele. Si racconta che, in seguito alla morte del re Asterione, padre adottivo di Minosse, egli costruì un altare a Poseidone, per dimostrare il suo diritto alla successione al trono. Inoltre Minosse pregò il dio perché inviasse sulla spiaggia un toro da sacrificare. Poseidone esaudì la richiesta, ma Minosse non sacrificò l’animale perché lo riteneva troppo bello. Poseidone, adirato, si vendicò dell’offesa facendo innamorare dell’animale Pasifae, moglie di Minosse. Dalla loro unione nacque il Minotauro, mezzo toro e mezzo uomo. Così Minosse fece costruire da Dedalo il labirinto, in cui il mostro sarebbe stato rinchiuso. Minosse ebbe 8 figli: Catreo, Deucalione, Glauco, Androgeo, Acalla, Senodics, Arianna, Fedra. Il regno di Minosse fu caratterizzato da ampi scontri con i popoli vicini, che egli riuscì ad assoggettare.Combatté anche contro Niso, re di Megara, che aveva un capello d'oro a cui era legata la sorte della sua vita e della sua potenza. La figlia di Niso, Scilla, si innamorò al primo istante di Minosse e non indugiò ad introdursi nottetempo nella camera del padre per tagliargli il capello d'oro. Andò in seguito da Minosse offrendogli le chiavi di Megara e chiedendogli di sposarla. Minosse conquistò Megara ma rifiutò di sposare la ragazza, che per la disperazione si annegò. Minosse attaccò anche Atene, dopo l'assassinio del figlio Androgeo, causato dal re Egeo. Sconfitti gli ateniesi, Minosse chiese ad essi in tributo la consegna annua di sette fanciulli e sette fanciulle, che venivano date in pasto al Minotauro. Questa imposta trovò fine quando Teseo, con l’aiuto di Arianna, uccise il mostro. Secondo il mito Minosse fu ucciso in Sicilia, mentre era ospite nella rocca del re Cocalo.


Minosse in Letteratura


La figura di Minosse viene rappresentata da molti autori di opere epiche del passato, tra cui Dante. Minosse si trova all'entrata del II Cerchio perché le anime del I Cerchio non hanno peccati da confessare e non vengono giudicate. Nella mitologia Dantesca, a Minosse è dato il compito di ascoltare i peccati delle anime, le quali nulla nascondono al demone. Uditi i peccati Minosse comunica loro la destinazione all'interno dell'inferno, arrotolando la coda di serpente di tante spire quanti sono i cerchi di destinazione.


“Stavvi Minòs orribilmente, e ringhia:
essamina le colpe ne l’intrata;
giudica e manda secondo ch’avvinghia.
Dico che quando l’anima mal nata
li vien dinanzi, tutta si confessa;
e quel conoscitor de le peccata
vede qual loco d’inferno è da essa;
cignesi con la coda tante volte
quantunque gradi vuol che giù sia messa.
Sempre dinanzi a lui ne stanno molte:
vanno a vicenda ciascuna al giudizio,
dicono e odono e poi son giù volte.”


Divina Commedia; Inferno, V Canto, v. 4-15

Il Traghettatore di Anime Dannate: Caronte



Nella mitologia greca e romana, Caronte (in greco Χάρων, "ferocia illuminata"; Charun secondo gli etruschi) era il traghettatore dell'Averno o Ade. Il suo compito era di traghettare le anime dei defunti da una riva all’altra dell’Acheronte. Caronte, inoltre, accompagnava solo le anime di cui i cadaveri avevano gia ricevuto gli onori, mentre, secondo un’altra versione, trasportava solo quelli che potevano pagare il viaggio (obolo). Chi non riusciva a pagare l’obolo, era condannato a vagare nella nebbia sulla riva del fiume per cento anni. Nell’Antica Grecia, era tradizione mettere sotto la lingua del defunto alcune monete, di solito d’argento. Questa usanza è scomparsa in epoche recenti, ed ha origini antichissime. Alcuni autori sostengono che il prezzo dell’obolo era di due monete, poste sopra gli occhi del defunto al momento della sepoltura. Nessuna anima ancora in vita era stata trasportata dall’altra parte del fiume Acheronte, tranne gli eroi Enea, Teseo, Ercole e Orfeo, Deinofobe e Psiche. Secondo la mitologia, Caronte è il figlio di Erebo e Notte, ed appare in grandi opere letterarie del passato, come l’Eneide di Virgilio e la Divina Commedia di Dante. Fa la sua apparizione anche nel V Secolo, nella commedia “Le Rane”, di Aristofane, in cui impreca e urla contro chi gli sta attorno. Nell’Eneide di Virgilio, il poeta latino dice che Caronte trasporta le anime sul fiume Stige (VI369), mentre per molti altri, inclusi Pausania e Dante, il demone naviga sull’Acheronte.
Eneide
Caronte viene citato nell'Eneide da Virgilio nel libro VI, per la prima volta al v. 299.

Portitor has horrendus aquas et flumina servatterribili squalore Charon, cui plurima mentocanities inculta iacet, stant lumina flamma,sordidus ex umeris nodo dependet amictus.
Ipse ratem conto subigit velisque ministratet ferruginea subvectat corpora cumba,iam senior, sed cruda deo viridisque senectus.


Eneide VI 298-304


“Caronte custodisce queste acque e il fiume e, orrendo nocchiero, a cui una larga canizie invade il mento, si sbarrano gli occhi di fiamma, sordido pende dagli omeri il mantello annodato. Egli, vegliardo, ma dio di cruda e verde vecchiezza, spinge la zattera con una pertica e governa le vele e trasporta i corpi sulla barca di colore ferrigno."


Divina Commedia


Nella Divina Commedia, troviamo il demone traghettatore nel III Canto, mentre grida con le anime dei dannati e le batte col remo. Caronte cerca di sbarrare il passo a Dante, poiché il poeta è vivo, ma Virgilio, con poche parole, lo tiene a bada.


Ed ecco verso noi venir per nave
un vecchio, bianco per antico pelo,
gridando: "Guai a voi, anime prave!
Non isperate mai veder lo cielo:
i’ vegno per menarvi a l’altra riva
ne le tenebre etterne, in caldo e ’n gelo.
E tu che se’ costì, anima viva,
pàrtiti da cotesti che son morti".
Ma poi che vide ch’io non mi partiva,
disse: "Per altra via, per altri porti
verrai a piaggia, non qui, per passare:
più lieve legno convien che ti porti".
E ’l duca lui: "Caron, non ti crucciare:
vuolsi così colà dove si puote
ciò che si vuole, e più non dimandare".
Quinci fuor quete le lanose gote
al nocchier de la livida palude,
che ’ntorno a li occhi avea di fiamme rote.
Ma quell’anime, ch’eran lasse e nude,
cangiar colore e dibattero i denti,
ratto che ’nteser le parole crude.
Bestemmiavano Dio e lor parenti,
l’umana spezie e ’l loco e ’l tempo e ’l seme
di lor semenza e di lor nascimenti.
Poi si ritrasser tutte quante insieme,
forte piangendo, a la riva malvagia
ch’attende ciascun uom che Dio non teme.
Caron dimonio, con occhi di bragia
loro accennando, tutte le raccoglie;
batte col remo qualunque s’adagia.


Divina Commedia, Inferno, III Canto, v. 82-111
Pietro D'onghia









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