I nostri colori

I nostri colori

22 aprile 2009

Capitalismo e Comunismo


Gioele Latorre

Durante la guerra fredda, le due superpotenze adottarono due sistemi politici contrapposti al 100%: CAPITALISMO E COMUNISMO.
L’America adottò un sistema Capitalista = Il sistema adottato dagli U.S.A si fondava sulla libera industria cioè basandosi sull’economia del denaro, lasciando ai commercianti libera scelta.
Avendo letto questo, possiamo certamente dire che questo sistema era molto leggero per i cittadini, cioè lasciando libera scelta ai cittadini in molti aspetti.
Totalmente differente era il sistema adottato dall’Unione Sovietica (comunemente siglata all’ epoca U.R.S.S), che per poter sovvenzionare gli scopi, espropriava senza compromessi tutti i beni delle industrie ( e molte altre imprese tipo quelle private) sottomettendo ogni sospetto di ribellione con la forza se necessario. In quell’ epoca la Germania era divisa in due difatti da una parte c’era la Germania Capitalista e dall’altra c’era la Germania comunista. I cittadini oppressi dal giogo comunista, vedendo i vantaggi del capitalismo, iniziarono a trasferirsi nella Germania capitalista.
I politici comunisti, vedendo che stavano perdendo molti cittadini, in una notte eressero un muro che separò la Germania per molti anni( il famoso muro di Berlino); ma la Germania capitalista non si indebolì perché grazie all’aiuto degli Americani (che in poco tempo realizzarono una pista d’ atterraggio) ricevevano viveri e beni di prima necessità;così facendo la Germania capitalista iniziò a riprendersi in poco tempo. Ma i famigliari che si ritrovarono divisi, non potevano tornare dov’erano perché dal muro, appostati e ben nascosti c’erano dei soldati che fucilavano li per li chi cercava di oltrepassare il muro. Tutta questa sofferenza durò fino al 1989 quando il muro fu demolito e la Germania iniziò a stabilizzarsi.

La storia del Gilera


di Giandomenico Scaramuzzi (30m/A)

Gilera è il nome di una azienda italiana che costruisce motociclette e che fa parte del Gruppo Piaggio.Gilera è uno dei più antichi Marchi italiani di moto, essendo stato fondato da Giuseppe Gilera nel 1909 aprendo la sua piccola officina prima a Milano, successivamente nella cittadina di Arcore, in provincia di Monza. La prima moto a portare questo nome fu la VT 317.Dopo la prima guerra mondiale Gilera produce moto da 500 cc di cilindrata e inizia con queste a partecipare ed a vincere nelle più prestigiose competizioni internazionali del tempo.Nel 1936, partendo da un progetto della casa romana CNA Rondine, Gilera presentò l’omonima moto dotata di un quattro cilindri in linea da 500 cc dotato di compressore che stabilì il nuovo Record Mondiale dell’ora (a 274,181 Km/h, record stabilito nel 1937) e conquistò l’alloro nel Campionato Europeo del 1939.Anche per Gilera, come per tutti i costruttori di moto dell’epoca, la seconda guerra mondiale interrompe ogni attività.Nell'immediato dopoguerra (1946) Gilera presenta un altro dei suoi modelli entrati nella storia: la mitica Saturno 500.
La gamma viene completata con diverse moto di piccola e media cilindrata tipo la Nettuno 250 e la 125, maggiorata a 150 e 175 cc.Ma i costi crescenti e le prime avvisaglie della crisi che di lì a pochi anni investì il comparto motociclistico, dovuto all’esplosione del mercato automobilistico, fece sì che Gilera decise nel 1957 il ritiro dalle competizioni, di comune accordo con Moto Guzzi e Mondial.Risale al 1969 l’acquisizione di Gilera da parte del Gruppo Piaggio. La nuova proprietà effettua importanti investimenti su tutta la gamma, soprattutto incentrata sulle attività fuoristradistiche che avevano già dato lustro e gloria alla Casa lombarda.La 125 Bicilindrica Cross ne è il più famoso esempio. Nel campo delle motociclette da strada viene invece presentata la 5V Arcore disponibile in due cilindrate da 125 e 150cc. Continuando col grande successo che ha avuto la Gilera siamo arrivati nel 1990 con la costruzione di altre moto molto potenti .
Ma nel 1993 con l’amara chiusura dello stabilimento di Arcore, necessaria al contenimento dei costi in un mercato che sempre meno premiava la Gilera, termina la commercializzazione dell'innovativo ed originale Gilera Bullit. La produzione viene trasferita presso la casa madre a Pontedera, contemporaneamente si cerca di diversificare la produzione introducendo una gamma di scooter, necessariamente sportivi come il marchio Gilera richiede. Il Gilera Runner (50 cc, 125 cc, 180 cc e 200 cc, sia 2 che 4 tempi) ne è il più fulgido esempio. Il successo della gamma scooter porterà però come necessaria contropartita l’uscita definitiva del marchio Gilera dalle motociclette. Infatti continuera’ la sua produzione con l’ uscita del Nexus e dialtri che si avvicinano alla sua cilindrata fino ad arrivare alla produzione del GP800 con una cilindrata di 800 cc ed una velocita’ massima di 200 km\h veramente impressionante per un motore del genere.

Francesco Petrarca



Gianluigi Nerilli

Francesco Petrarca nasce ad Arezzo nel 1304, da padre notaio in esilio da Firenze. Ad otto anni si trasferì ad Avignone, dove cominciò i suoi studi. A dodici anni fu inviato all'università di Montpellier per gli studi di diritto, e a sedici all'università di Bologna. A ventidue anni, alla morte del padre, tornò ad Avignone. Questo continuo viaggiare lo porta a contatto con diversi ambienti culturali, cosa che gli permetterà di svincolarsi dal municipalismo dantesco e di entrare in una dimensione europea. Petrarca era molto appassionato dei classici antichi, in particolare di Virgilio e Cicerone, la cui lingua aveva a tal punto interiorizzato da scrivere i propri appunti ed esprimere i suoi sentimenti più intimi in latino. Ma allo stesso tempo la sua vita fu condizionata dalla lettura delle Confessioni di S. Agostino, nel cui tortuoso percorso spirituale il Petrarca si riconosceva. Dobbiamo infatti distinguere due produzioni del Petrarca: una in latino, alla quale appartengono le Epistule, il Secretum, l'Africa, il De vita solitaria, e l'altra in volgare alla quale appartengono il Canzoniere e una serie di opere minori. Il 6 aprile 1327 avviene l'incontro con Laura nella chiesa di S. Chiara ad Avignone. Proprio a questa donna, vera o fittizia che sia, si ispirerà tutta l'opera del Canzoniere. Dopo di che per garantirsi un relativo benessere economico senza lavorare, prende gli ordini minori. In questo periodo si svolgono i viaggi che si concluderanno attorno al 1336 con il ritiro in otium in Valchiusa, dove compone il De vita solitaria e altre opere in latino e in volgare. Nel 1341 a questo momento di ricerca spirituale si oppone l'incoronazione di poeta nel Campidoglio, che concretizza il suo forte desiderio di gloria terrena (la stessa Laura può essere intesa come L'aura, ovvero la gloria). Nel 1343 il fratello Gherardo si ritira in convento. Questo causa nel Petrarca una profonda crisi interiore, poiché vedeva nel fratello una sorta di alter ego in cui rispecchiarsi. Ciò lo porta ad una profonda revisione della sua vita, e in particolare emerge sempre più drammatico il dualismo tra il desiderio di amore e di gloria terrena, valori tramandati dalla lettura dei classici, e il desiderio di abbandono spirituale in Dio, insegnatogli dalle Confessioni. Per questo Petrarca è considerato la vittima del passaggio dalla cultura teocentrica medievale alla cultura antropocentrica umanistica. Dopo la morte di Laura nel 1348, Petrarca incomincia la sua peregrinazione nelle corti delle varie signorie italiane, senza mai farsi condizionare o esserne influenzato. Muore nel 1374 a Padova, secondo la tradizione mentre leggeva Virgilio.

Il Canzoniere

Il Canzoniere è un'opera in volgare composta da 366 liriche, di cui 263 composte prima della morte di Laura e 103 dopo la morte. I componimenti sono per lo più sonetti, ma ci sono anche ballate, canzoni, madrigali. Come dice nel sonetto di apertura del Canzoniere, "Voi ch'ascoltate in rime sparse il suono"questi componimenti non sono collegati fra loro (rime sparse) come quelli di Dante nella "Vita Nova", raccordati da pezzi in prosa. Inoltre essi rispecchiano i vari stati d'animo del poeta, tra illusioni e disillusioni di un amore non corrisposto (come ad esempio nei due sonetti gemelli 61 e 62 "Benedetto sia 'l giorno 'l mese e l'anno" e "Padre del ciel, dopo i perduti giorni", in cui si può vedere una netta contrapposizione degli stati d'animo del poeta). Il tema principale del Canzoniere è l'amore per Laura, ma si potrebbe anche intendere come il desiderio di gloria del poeta poiché il nome Laura si può intendere anche come L'aura, cioè la gloria, poiché con un rametto di lauro viene incoronato il sommo poeta. A differenza del dolce stil novo, in cui il protagonista è lo stato d'animo, in Petrarca è il conflitto interiore del poeta, diviso tra i fini materiali della vita (amore e gloria) e aspirazione al misticismo in Dio. Al contrario della Beatrice di Dante, infatti, Laura non è la donna-angelo veicolo tra il poeta e Dio, ma non è che una nobilissima creatura terrena (in un sonetto viene addirittura descritta da vecchia), e pertanto l'amore verso di lei allontana dalla fede in Dio. Tutta questa esperienza viene ripresa intersecando vari piani temporali: da uomo maturo riesamina col tempo della memoria gli avvenimenti passati confrontandoli con la situazione presente o addirittura facendo previsioni sul futuro.in questo Petrarca è molto moderno: tutta la letteratura del Novecento che utilizza il tempo della memoria di rifà a strutture già usate da lui (Proust, Svevo, Joyce, ecc.). La figura di Laura non è descritta dettagliatamente, ma è semplicemente tratteggiata attraverso i topoi della bellezza proveniente dallo stilnovismo ("bionda", "occhi luminosi come un lago", "capelli d'oro", "viso di perla", "voce soave"), per questo essa in "Chiare fresche e dolci acque" "pare", cioè appare, non è quindi reale. Tutta questa esperienza si conclude con la richiesta di perdono a Dio per questo "giovenile errore", e anzi nella lettera ai posteri Petrarca ringrazia che Dio gli abbia tolto Laura (muore nel 1348) così da permettergli di riprendere a camminare sulla via che porta a Lui.

Chiare fresche e dolci acque

Chiare, fresche e dolci acque,ove le belle membrapose colei che sola a me par donna;gentil ramo ove piacque(con sospir' mi rimembra)a lei di fare al bel fianco colonna;erba e fior' che la gonnaleggiadra ricoverseco' l'angelico seno;aere sacro, sereno,ove Amor co' begli occhi il cor m'aperse:date udïenza insiemea le dolenti mie parole estreme.
S'egli è pur mio destino,e 'l cielo in ciò s'adopra,ch'Amor quest'occhi lagrimando chiuda,qualche grazia il meschinocorpo fra voi ricopra,e torni l'alma al proprio albergo ignuda.La morte fia men crudase questa spene portoa quel dubbioso passo:ché lo spirito lassonon poria mai in più riposato portoné in più tranquilla fossafuggir la carne travagliata e l'ossa.
Tempo verrà ancor forsech'a lusato soggiornotorni la fera bella e mansueta,e là 'v'ella mi scorsenel benedetto giorno,volga la vista disïosa e lieta,cercandomi: ed, o pieta!,già terra in fra le pietrevedendo, Amor l'inspiriin guisa che sospirisì dolcemente che mercé m'impetre,e faccia forza al cielo,asciugandosi gli occhi col bel velo.
Da' be' rami scendea(dolce ne la memoria)una pioggia di fior' sovra 'l suo grembo;ed ella si sedea umile in tanta gloria,coverta già de l'amoroso nembo.Qual fior cadea sul lembo,qual su le treccie bionde,ch'oro forbito e perleeran quel dì a vederle;qual si posava in terra, e qual su l'onde;qual con un vego erroregirando parea dir: Qui regna Amore
Quante volte diss'ioallor pien di spavento:Costei per fermo nacque in paradiso.Così carco d'oblioil divin portamentoe 'l volto e le parole e 'l dolce risom'aveano, e sì divisoda l'immagine vera,ch'i' dicea sospirando:Qui come venn'io, o quando?;credendo esser in ciel, non là dov'era.Da indi in qua mi piacequesta erba sì, ch'altrove non ò pace.
Se tu avessi ornamenti quant'ài voglia,poresti arditamenteuscir del bosco, e gir in fra la gente.

Tra le tante opere di Petrarca questa e qulla che mi ha colpito maggiormente.In questa canzone il poeta si trova sul fiume Sorga in Valchiusa, e la visione di quel luogo gli fa ricordare Laura, che aveva vista in quel medesimo luogo. Sul filo della memoria descrive Laura, e quell'attimo in cui la viene dilatato nel tempo della memoria (per capirci, ci mette quasi una strofa per descrivere come ha visto Laura in quell'attimo). Inoltre la dolce ragazza non ha più le sue caratteristiche reali ma è stilizzata, cioè il poeta seleziona dal reale gli elementi poeticamente o soggettivamente trasfigurabili, cioè che si adattano allo stato d'animo del poeta: ne risulta una Laura appena tratteggiata, delicata, descritta utilizzando molti topoi della bellezza stilnovista (bionda, occhi luminosi, voce soave, capelli d'oro, viso di perla, ecc.). Anche il paesaggio risulta segnato, cioè perde le sue caratteristiche individuali e reali e acquista quelle di Laura. Abbiamo qui il locus amenus, cioè un paesaggio stilizzato (o segnato) che fa da sfondo ad un personaggio altrettanto stilizzato. E nella seconda strofa della canzone il poeta chiede ad Amore di lasciare riposare, una volta morto, in questo locus amenus, che sembra un porto sicuro per il poeta al momento di affrontare quel passo che gli lascia del timore. Nella terza strofa Petrarca si augura, che una volta morto, Laura, torni, non feroce come quando lo aveva fatto soffrire in vita, ma mansueta, e cercandolo in quel locus amenus veda che egli giace morto lì e asciugandosi gli occhi piangenti chieda al cielo di accogliere l'anima del poeta. Nella quarta strofa il poeta ritorna a viaggiare sul tempo della memoria, che viene definita dolce, e si ricorda Laura, la cui descrizione è appena tratteggiata, sul cui corpo cadono petali di fiori che sembrano quasi dire che il quel luogo regna amore. Per questo il poeta afferma che la donna amata è nata in cielo. Ma pochi versi dopo arriva la presa di coscienza: il viaggio nella sua memoria lo ha allontanato e distaccato dalla realtà, facendogli credere che ci fosse il paradiso là dove effettivamente non è (dove si è posata Laura). La canzone si conclude con l'invocazione al componimento.

UNA GUERRA FREDDA?

di Gioele Latorre


Come, una “guerra fredda”?

Si amici lettori cibernetici, ora vi spiego cosa vuol’ dire il termine “guerra fredda”:
Subito dopo la 2° guerra mondiale, il titano nazista cessò di esistere, e, le uniche due superpotenze che vigevano nel mondo ancora in fase di ricostruzione, erano U.S.A e U.R.S.S:


MONDO OCCIDENTALE = U.S.A (stati uniti d’America)
MONDO ORIENTALE = U.R.S.S (unione repubbliche socialiste sovietiche), che per paura che la superpotenza avversaria attaccasse l’altra, da ambo le parti si iniziò un rapido e sostanzioso rinforzo bellico, chiamato anche corsa agli armamenti.

Ecco il termine “GUERRA FREDDA”: periodo di terrore da parte di tutte e due le superpotenze vigenti all’epoca di essere attaccate.

Abbiamo detto che la Guerra Fredda è stata caratterizzata da un’inspiegabile( da altri punti di vista) “corsa agli armamenti; ma c’è stato un aspetto fondamentalissimo che ha caratterizzato la Guerra Fredda: LE AZIONI DI SPIONAGGIO AMERICANE E SOVIETICHE.


Le due superpotenze per paura di essere spiate, spiavano a loro volta usufruendo di paesi sotto il proprio controllo confinanti col territorio nemico che nel ruolo di “PAESI SATELLITI” spiavano in tutti i modi che potevano, uno di questi erano le organizzazioni segrete che mandavano abili agenti segreti che fornivano informazioni della massima importanza riguardanti la superpotenza nemica, e successivamente si agiva di conseguenza. Un esempio di agente segreto è stata certamente, come tutti sappiamo, la serie di film 007 James Bond, ambientate in quel periodo.

Il terremoto in Abruzzo


Antonio Cristiantelli

I terremoti sono il risultato della liberazione improvvisa delle energie che la crosta terrestre libera per caricare la tensione che si crea con il movimento delle placche tettoniche. La crosta terrestre non è un unico pezzo, ma è formata da tante placche, delle sorte di zattere su cui galleggia la crosta terrestre. Quando queste placche si scontrano si crea una tensione tale che viene liberata sotto forma di onda sismica che noi percepiamo come terremoto.
Il 6 aprile 2009 si è varificata in Abruzzo (Aquila), una delle più grandi tragedie del millennio. Circa trecento morti e duecentocinquanta feriti: questo il bilancio (diffuso da fonti ospedaliere) del terremoto che nella notte tra domenica e lunedì ha colpito l'Abruzzo. Al termine della giornata di lunedì erano 100 le persone estratte vive dalle macerie degli edifici, mentre i morti identificati erano 98, secondo fonti dei soccorritori. Le prime notizie, all'alba, parlavano di una quindicina di persone decedute. Ma è stato subito chiaro che il numero era destinato a crescere con il passare delle ore e con la rimozione delle macerie sotto cui sono rimaste sepolte centinaia di persone sorprese nel sonno.
La scossa principale, di 5,8 gradi della scala Richter, si è registrata attorno alle 3,30. L'epicentro è stato individuato a una decina di chilometri dall'Aquila. Il sisma è stato avvertito in tutto il centro-sud Italia, dalla Romagna a Napoli. Oltre ai morti e ai dispersi, sono almeno 70 mila gli sfollati, intere famiglie costrette ad allontanarsi dalle proprie abitazioni. Una prima stima parla di 10-15 mila edifici danneggiati con pesanti danni al patrimonio storico e artistico della regione. Franco Barberi, presidente onorario della Commissione nazionale grandi rischi, fa sapere che nei prossimi mesi «è poco probabile che si verifichino scosse di grande energia, ma non lo possiamo escludere». Dopo quella devastante della notte, ha aggiunto Barberi, «si sono registrate circa 200 repliche, la maggior parte di piccola magnitudo.
A tutt’oggi si continuano ad avvertire quotidianamente forti scosse, con grande preoccupazione degli abruzzesi accampati nelle tendopoli.

Decameron



Il Decameron, opera di Giovanni Boccaccio, narra la storia di tre ragazzi e sette ragazze di origine aristocratica che si rifugiano in una villa di campagna per sfuggire alla peste che decima la popolazione di Firenze. Trascorrono in questa villa due settimane, passate a cantare e a danzare, tranne il sabato e la domenica, occupate dalle funzioni religiose.
Per occupare più lietamente le ore del pomeriggio, i giovani decidono di raccontarsi delle novelle, una a testa ovvero dieci al giorno. Ogni giorno, inoltre, ha un tema diverso, scelto dal re o dalla regina di turno.
I temi che ricorrono nell’opera sono le storie a lieto fine nella seconda e terza giornata, l’amore infelice nella quarta giornata, l’amore felice nella quinta, i motti di spirito nella sesta, le beffe nella settima e nell’ottava, temi liberi nella prima e nella nona, mentre la decima e dedicata all’esaltazione dei valori di libertà e cortesia.
L’Opera risulta così composta da cento novelle, raccontate in dieci giornate. Le novelle, inoltre sono precedute da un proemio, dedicato al pubblico femminile, e una descrizione dello stato di Firenze durante la peste.
Il tema principale del Decameron e l’amore, proposto in tutte le sue forme, da quelle fisiche a quelle sentimentali. Rispetto a Beatrice, la donna proposta da Boccaccio e descritta anche fisicamente, mentre Dante ne elenca solo le qualità morali.

Il Decameron, oltre ad essere la prima opera narrativa di pregio italiana, segna l'avvio di quella nuova espressione artistica chiamata umanesimo-rinascimento.

L'autore, con grande realismo narrativo, fa un affresco su tutte le tipologie emotive umane: il povero, il ricco, l'umile, il superbo, il paziente, l'iracondo, l'innamorato, il suicida, l'assassino, lo sciocco, l'approfittatore...

Per la prima volta nella letteratura, l'uomo diventa l'oggetto privilegiato dell'indagine, libero dai legami divini.


Pietro D'onghia

http://www.youtube.com/watch?v=yyWt6U_SrIo

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