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11 marzo 2009

La fazione dei Ghibellini: X Canto dell'Inferno

Gioele Latorre


Dante nel X Canto parla di un personaggio appartenuto alla sua città: Farinata ,il capo dei ghibellini, la fazione avversaria a quella di Dante. Costui, meglio noto come Farinata degli Uberti per via dei suoi capelli biondo platino (Firenze, ... – 11 novembre 1264), figlio di Jacopo degli Uberti, fu un nobile ghibellino, membro di una famiglia molto nobile di Firenze dell’epoca.
Il XIII secolo, fu una delle epoche peggiori per la città toscana, tormentata da discordie interne tra guelfi e ghibellini. Dal 1239, Farinata è a capo della consorteria di parte ghibellina, svolgendo un ruolo importantissimo nella cacciata dei guelfi avvenuta pochi anni dopo, nel 1248.
I ghibellini dopo tante lotte(infine vinte dai guelfi) furono poi esiliati. Anche dopo morti dovettero subire una malvagia vendetta da parte dei guelfi: infatti nel 1283, 19 anni dopo la morte, i corpi di Farinata e sua moglie Adaleta subirono a Firenze un processo pubblico per l'accusa (postuma) di eresia. Per l'occasione i loro resti mortali, sepolti in quell’epoca nella chiesa fiorentina di Santa Reparata, vennero riesumati per la celebrazione del processo, conclusosi poi con la condanna. Infine,come ulteriore malvagità, tutti i beni lasciati in eredità da Farinata vennero confiscati agli eredi.
L’accusa fondata d'eresia non è certa ancora oggi: l'accusa mossa alla fazione ghibellina di Firenze, per la quale vennero considerati eretici Farinata e sua moglie, in realtà riguardava la contestazione della supremazia religiosa della Chiesa. Ma la fazione cui Farinata apparteneva ne contestava solamente l'ingerenza politica, reclamando una suddivisione tra potere spirituale e potere temporale. La confusione venne probabilmente aumentata dalla propaganda della fazione guelfa di Firenze, pronta a sfruttare a proprio vantaggio l'accusa d'eresia. Tuttavia alcuni studiosi sostengono che farinata fosse vicino all'eresia catara.
Gli Uberti, comunque, vennero esclusi da qualsiasi amnistia, e l'odio dei guelfi fiorentini si focalizzò su di loro.
Infatti nel canto X dell'Inferno, Farinata è collocato tra gli eretici epicurei che l'anima col corpo morta fanno (v.15), ovvero non credono nell'immortalità dell'anima. Tra lui e Dante, avversario politico, si svolge un colloquio al cui centro ricadono i temi della lotta politica e della famiglia (in particolare quello delle colpe dei padri che ricadono sui figli: un tema caro al poeta, che avrebbe potuto far revocare l'esilio ai figli maschi se avesse voluto far ritorno, umiliandosi e chiedendo perdono a Firenze).





QUALCHE ACCENNO SU GUIDO CAVALCANTI(E ORIGINI)
Guido Cavalcanti, figlio di Cavalcante dei Cavalcanti, nacque a Firenze intorno all'anno 1255 in una nobile famiglia guelfa di parte bianca che nel 1260 fu travolta dalla sconfitta guelfa di Montaperti. Sei anni dopodopo la disfatta dei ghibellini nella battaglia di Benevento, i Cavalcanti ripresero la loro preminente posizione sociale e politica a Firenze. Nel 1267 Guido si sposa con Bice, figlia di Farinata degli Uberti, capo della fazione ghibellina. Da Bice Guido avrà i figli Tancia e Andrea. Nel 1280 Guido è tra i firmatari della pace tra guelfi e ghibellini e quattro anni dopo siede nel Consiglio generale al Comune di Firenze insieme a Brunetto Latini e Dino Compagni. Il 24 giugno 1300 Dante Alighieri, priore di Firenze, è costretto a mandare in esilio l'amico Guido con i capi delle fazioni bianca e nera in seguito a nuovi scontri. Cavalcanti si reca allora a Sarzana e si pensa che fu allora che scrisse la celebre ballata Perch'i' no spero di tornar giammai. Il 19 agosto gli è revocata la condanna per l'aggravarsi delle sue condizioni di salute (ha forse contratto la malaria). Il 29 agosto muore, pochi giorni dopo essere tornato a Firenze.
È ricordato - oltre che per i suoi componimenti - per essere stato citato da Dante (del quale fu amico assieme a Lapo Gianni) nel celebre nono sonetto delle Rime "Guido, i'vorrei che tu, Lapo ed io". Dante lo ricorda anche nella Divina Commedia (Inferno, canto X e Purgatorio, canto XI)

Opere
I componimenti pervenutici di Cavalcanti sono 52, tra cui 36 sonetti, 11 ballate e 2 canzoni. I temi delle sue opere sono quelli cari agli stilnovisti; in particolare la sua canzone "manifesto" Donna me prega è incentrata sugli effetti prodotti dall'amore, che scinde la personalità dell'innamorato in spiritelli, che attraverso gli occhi, vanno a risiedere nella parte sinistra del cuore. Questi spiritelli rendono l'innamorato incapace di pensare e poter eleborare la realtà in quanto viene modificata dalla visione sofferente datagli dall'amore incorrisposto. La donna, avvolta come da un alone mistico, rimane così irraggiungibile e il dramma si consuma nell'animo dell'amante.
Rispetto a Guinizzelli e a Dante si nota l'assenza della concezione religiosa; la donna infatti non è tramite verso Dio e l'amore, anziché strumento di elevazione dell'anima, è soprattutto angoscia e sbigottimento.
Il poetare di Cavalcanti, dal ritmo soave e leggero che può sembrare banale, nasconde in realtà una grande sapienza retorica.



Come si nota in figura, quando Dante incontra il padre di Guido Cavalcanti,Calcante Cavalcanti, viene un po’ per così dire insultato ,perché secondo il padre,visto che il figlio(Guido)era già molto più famoso di Dante(quale poeta)non sapeva darsi risposta di dove si potesse trovare. Si può dire anche che, analizzando la figura , Cavalcante Cavalcanti, quale orgoglioso capo dei ghibellini,sdegna già con lo sguardo Dante(appartenente ai guelfi;fu infatti a causa loro se egli e tutti i suoi sostenitori furono esiliati)disprezzandolo.

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