I nostri colori

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11 marzo 2009

La scelta della Repubblica in Italia



Gianluigi Nerilli


Il 2 giugno 1946 il popolo italiano sceglieva la nuova forma di stato: nasceva la repubblica ed il Re, Umberto II di Savoia, accettava il responso delle urne ed andava in esilio abbandonando l’Italia evitando così, e ciò va a suo merito personale, di creare tensioni e fratture nel Paese.
Con la partenza del giovane Umberto se ne andava la Casa Savoia, una dinastia inetta e che, nei momenti cruciali della storia patria, aveva sempre compiuto le scelte peggiori: dalla modalità dell’unificazione nel 1860 alla sciagurata condotta della II Guerra Mondiale, passando per la crisi autoritaria di fine ottocento (Leggi Umberto), la Grande Guerra e, soprattutto, gli atteggiamenti favorevoli (leggi Vitt. Eman. III) ed accondiscendenti avuti nei confronti di Mussolini e del fascismo.
Il contestato plebiscito del 2 giugno 1946 aprì una nuova fase nella storia italiana: al Quirinale non vi era più un monarca ereditario ed a vita, ma un Presidente democraticamente eletto con un mandato settennale con chiari e precisi limiti temporali.
Il sogno di Mazzini e di tutti i democratici del Risorgimento si era avverato: l’Italia era diventata una Repubblica con una Costituzione democratica redatta ed approvata da un’Assemblea Costituente liberamente eletta dal popolo sovrano.
Per poco più di dieci giorni, nel giugno del 1946, il Presidente del Consiglio ALCIDE DE GASPERI fu anche “Capo Provvisorio dello Stato facente funzioni” con il compito di rappresentare l’unità nazionale fino all’elezione, da parte dell’Assemblea Costituente, di un Capo dello Stato.
Come ha ricordato l’onorevole NILDE IOTTI, una delle più giovani costituenti, colui che avrebbe dovuto ricoprire tale carica doveva soddisfare le tre seguenti determinanti condizioni: doveva essere gradito a tutti e tre i grandi partiti di massa (la Democrazia Cristiana, i socialisti ed i comunisti), che il 2 giugno avevano raccolto oltre l’85% dei voti, doveva essere un notabile liberale che avesse espresso, prima del referendum istituzionale, la propria preferenza per l’opzione monarchica in modo da rassicurare gli oltre dieci milioni di elettori italiani sostenitori di Umberto II, ed infine doveva essere di un uomo politico meridionale, in modo da controbilanciare la forte presenza di politici settentrionali di nascita (il trentino “prestato all’Italia” ALCIDE DE GASPERI, il piemontese PALMIRO TOGLIATTI ed il romagnolo PIETRO NENNI) o di adozione (il siciliano-milanese UGO LA MALFA) presenti alla guida dei principali partiti politici democratici ed antifascisti che accingevano a confrontarsi sulla scena politica ed a guidare l’Italia nel lungo cammino della ricostruzione morale ed economica.
Inizialmente i candidati corrispondenti alla descrizione precedentemente espressa erano due: l’ex Presidente del Consiglio VITTORIO EMANUELE ORLANDO, sostenuto dai democristiani e dalle destre, ed il padre del neoidealismo e del liberalismo italiano, il filosofo Benedetto Croce, gradito alle sinistre ed ai laici.
Per superare le reciproche opposizioni e dare velocemente un Presidente, seppur provvisorio, alla neonata Repubblica, De Gasperi, Nenni e Togliatti si accordarono sul nome dell’ex Presidente della Camera prefascista, l’insigne giurista liberale originario di Torre del Greco ENRICO-DE-NICOLA che ricoprì la massima carica repubblicana dal giugno del 1946 all’inizio del 1948 quando entrò in vigore la nuova Costituzione della Repubblica Italiana che egli stesso aveva promulgato.
Successore di De Nicola fu un altro liberale di simpatie monarchiche, ma di origini piemontesi ed esperto di economia (fu infatti il padre del cosiddetto miracolo economico italiano), il senatore LUIGI EINAUDI che venne eletto con i voti dei soli partiti centristi governativi (DC, PSLI, PLI, PRI) dopo il tramonto della candidatura del repubblicano conte Carlo Sforza, sostenuto da De Gasperi, ma avversato dai dossettiani per le sue simpatie massoniche.

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